Cammino dentro

Il rientro a casa è sempre difficile. Dicono che bisognerebbe farlo lentamente. Anche per questo in estate ero rientrata in pullman, mettendoci quasi due giorni per tornare a casa. Stavolta però di tempo non ne ho e così in due ore arrivo in Italia. Inoltre è stata una giornata molto piena: partire alle 9 di mattina per fare gli ultimi 12 km, arrivare alle 11,30 a Santiago, prendere la Compostela, andare alla messa delle 12,00, lasciare i sassolini dei miei bimbi, prendere l’aereo alle 15,00 e arrivare in Italia alle 17,00. Un tempo da record, troppo veloce e stasera sono qua che cammino gli ultimi 3 km, stavolta milanesi, per arrivare a casa e mi sento in un limbo fra questi due mondi. Però c’è una certezza: tornerò ancora a fare altri cammini. E’ vero che sembra che i chilometri non finiscano mai e che quando si arriva la sera c’è una stanchezza incredibile (così incredibile da non riuscire più neanche a pensare), ma è anche vero che il cammino è stupendo! Si vive nella condivisione, ci si mette in gioco, si è a contatto con la natura e soprattutto… si cammina dentro. C’è infatti questo cammino interiore che è magico, sconvolgente e quindi sì, c’è questa certezza che allo scorso cammino non avevo: io continuerò a fare cammini e quindi stavolta non è un addio ma solo un arrivederci.

Comunque tornare a casa, dormire nel mio letto, in un appartamento con il riscaldamento e mille comodità non è male! Obiettivamente il cammino in inverno è stupendo ma è anche molto faticoso e quindi stasera, invece di essere triste per la fine di questa meravigliosa avventura, decido di ringraziare di essere tornata a casa!

C’è sempre qualcosa per cui ringraziare, non dimentichiamocelo mai!

Che cosa puoi fare fin d’ora per cominciare ad imprimere una svolta alla tua vita? Il primo passo consiste nel fare un elenco delle cose di cui sei grato.

E’ un’azione che cambia la tua energia e inizia a modificare il tuo modo di pensare. Mentre prima di questo esercizio è probabile che la tua attenzione fosse concentrata sulle cose che ti mancano, sulle tue lamentele e i tuoi problemi, quando l’avrai messo in pratica prenderai un’altra direzione. Comincerai a provare gratitudine per tutte le cose che ti fanno sentire bene. Joe Vitale

Ringraziare ci fa sentire amati, al sicuro. Ringraziando c’è pace, c’è pace dentro. Ecco quello che scrive Paulo Coelho:

“Un guerriero della luce non dimentica mai la gratitudine. Durante la lotta è stato aiutato dagli angeli. Le forze celesti hanno messo ogni cosa al proprio posto, permettendo a lui di dare il meglio di sé. I compagni commentano – Com’è fortunato! -. E talvolta il guerriero ottiene assai più di quanto le sue capacità consentano. Perciò quando il sole tramonta, si inginocchia e ringrazia.”

A casa vedo un libro che ha preso mia mamma a un bookcrossing, Entra nelle mia vita, e sento che devo leggerlo. Mi piace leggere i libri tutto d’un fiato e immergermi per un attimo in un’altra vita mi aiuta ad attraversare i momenti di limbo tra due mondi. Ecco quello che avevo scritto nel 2012 a proposito di uno di questi momenti di passaggio:

Torno dall’Africa e ho un problema a una gamba. Temo sia elefantiasi, in realtà nessuno sa cosa sia. Ma devo stare ferma a letto per dieci giorni. Mi avevano parlato del libro Shantaram e lo trovo nella libreria della mia coinquilina. Massì in effetti il caso non esiste. Nei dieci giorni a letto leggo le mille pagine del libro. Sono a Milano da sola, malata? No, io sono in India, nelle bidonville di Nuova Dheli a guarire lebbrosi. Una esperienza mistica.

Stavolta invece il libro mi fa tornare in Spagna e, senza saperlo, mi racconta una storia di cui mi avevano parlato tanto nel cammino: i bambini rubati della dittatura franchista. Decido che è giunta l’ora di documentarmi su questo momento buio della storia spagnola ed ecco quello che scopro: oltre 300 mila neonati sarebbero stati sottratti ai genitori e venduti in Spagna durante la dittatura franchista. A far emergere lo scandalo è un’inchiesta della Bbc, partita dalla rivelazione di un “padre” che racconta al “figlio” di averlo comprato. Una confessione che permette di far emergere migliaia di altri casi. Al centro del traffico ci sarebbero politici, avvocati, preti, suore e medici. I bambini appena nati venivano prelevati, dicendo alle famiglie che i figli erano morti, per poi “affidarli” ad altri genitori. «E se la madre volesse vedere il corpo del bambino?» chiede il fotografo German Gallego. In una cella frigorifera venivano conservati dei neonati morti da mostrare in caso di emergenza. Il giornalista fotografa i corpicini, pubblica una inchiesta e aspetta almeno una telefonata della polizia. Non arriverà mai.

Come è accaduto in Argentina con i figli dei desaparecidos, inizialmente in Spagna i neonati venivano tolti alle famiglie “sgradite” per motivi ideologici: purificare la Spagna da una razza inferiore (i marxisti). Col tempo però si inizia a creare un vero e proprio mercato: i bambini venivano registrati come figli biologici della famiglia adottante, che pagava grandi somme di denaro per averli (alcune famiglie sono state ingannate e credevano di adottare legalmente bambini abbandonati). Dal 1943 al 1987, in Spagna il traffico di bambini genera introiti miliardari.
Nel 1975 Franco muore ma il traffico di bambini continua. “Affrontare i propri orrori non è mai facile, perché si rischia una spirale giustizialista dove tutti hanno colpe” commenta il giornalista Nicolò Zuliani. E così la rete illecita sopravvive al regime autoritario. Ogni tentativo di risolvere la questione legalmente viene bloccato. Quando le madri chiedono di esumare le tombe dei figli, dentro trovano resti di bambini più grandi o vuote. Uno dei giudici più influenti di Spagna, Baltasar Garzon, prova ad aprire un’inchiesta. Viene bloccata dalla corte suprema.

Gli anni passano ma le voci, nonostante i tentativi di insabbiare tutto, aumentano e così il traffico di bambini si interrompe nel 1987.

Tra i molti problemi affrontati dalle vittime c’è la mancanza di sostegno istituzionale. La polizia archivia i casi, viste le ripercussioni e le persone coinvolte: politici, avvocati, medici, una rete di criminalità minacciosa. Gli attivisti sostengono che sono state depositate almeno 2000 denunce, ma nessuna è andata in giudizio. Per questo motivo la presenza di Vela in tribunale nel giugno 2018 segna una pietra miliare nella giustizia spagnola. Nel processo il ginecologo viene riconosciuto colpevole dell’accusa di aver sottratto bambini ai genitori naturali, per affidarli a coppie fedeli al regime.

Intanto il cammino è finito ma come dice Fernando in realtà è solo un nuovo inizio. Mi vengono in mente le parole della canzone di Alessandra Amoruso

Comunque andare
Anche quando ti senti morire
Per non restare a fare niente aspettando la fine
Andare perché ferma non sai stare
Ti ostinerai a cercare la luce sul fondo delle cose

Comunque andare
Anche solo per capire
O per non capirci niente
Però all’amore poter dire ho vissuto nel tuo nome
E ballare e sudare sotto il sole
Non mi importa se mi brucio la pelle

E così io sono di nuovo qua in mezzo alla natura a camminare, questa volta però non ci sono pellegrini e con me c’è solo il nostro meraviglioso cane, Sophie. Mi accorgo che i sensi dopo il cammino si sono amplificati e anche questa passeggiata nel percorso escursionistico dei Ciciu, mi fa ricordare quanto la natura sia meravigliosa: ci sono tantissimi uccellini con il loro canto meraviglioso, il cielo è blu e anche qua gli alberi fanno pensare a racconti di fate e folletti.

Camminando mi viene in mente che anche stanotte i miei amori sono tornati a trovarmi in sogno. Mi ricordo che prendevo in braccio il mio piccolino come a volergli dare in poche ore o minuti (il tempo nei sogni è relativo) tutto quell’affetto che ci è stato negato. Poi abbracciavo la mia bambina. Mi chiedevo come fare a salvarli, io che volevo solo proteggerli

Come faccio a ricordarmi tutti questi sogni? Io li scrivo. Appena sveglia. Prima che arrivi un altro pensiero a cancellarli per sempre. Se richiamiamo i nostri sogni subito dopo il risveglio infatti le informazioni sono elaborate dalla nostra memoria a lungo termine e quindi possiamo ricordarli. I sogni provengono dal nostro mondo interno ed è stupendo poter dare ascolto a quello che abbiamo dentro. A volte ci sono dei messaggi per noi. Uno dei messaggi più belli che mi ricordo è di tanti anni fa quando stavo vivendo nella situazione di violenza e una voce meravigliosamente dolce mi ha detto: ricordati di volerti bene.  Un altro mi diceva di separarmi da ciò che mi stava facendo male, era un periodo in cui mi ero ammalata anche fisicamente. Proprio ieri poi sono arrivati altri messaggi: tu non sei sola e ricordati chi sei.

Siamo qua ma siamo molto di più di quello che pensiamo di essere. Dobbiamo ricordarci di ascoltare la voce interiore che c’è dentro di ognuno di noi ma per sentirla e per riconoscere i segni c’è bisogno di silenzio.

«Il vostro tempo è limitato, quindi non sprecatelo vivendo la vita di qualcun altro. Non lasciatevi intrappolare dai dogmi – che vi portano a vivere secondo il pensiero altrui. Non lasciate che il rumore delle opinioni degli altri soffochi la vostra voce interiore. E, ancora più importante, abbiate il coraggio di seguire il vostro cuore e la vostra intuizione. In qualche modo loro sanno cosa volete realmente diventare. Tutto il resto è secondario. Siate affamati. Siate folli» . Steve Jobs

Mi viene in mente anche Padre Josè di Tosantos che diceva ricordati di stare in silenzio.

E di silenzio camminando ce n’è tanto.

E in questo silenzio mi vengono in mente alcuni ricordi, in particolare la prima volta in cui si incontrano i pellegrini che poi diventeranno i nostri compagni di viaggio. Il momento del passaggio dall’essere perfetti sconosciuti ad essere ‘famiglia’ nel cammino. A dicembre in particolare è stato bellissimo perché il cammino era deserto e a un certo punto arriviamo in un bar a Trabadelo ‘pieno’ di pellegrini! Sarà il nostro primo incontro con Maria, Raoul e Xan. Ancora non li conosciamo ma la sera li incontreremo di nuovo nell’ostello e faremo quasi tutto il viaggio insieme.

In questo cammino piemontese invece non incontro pellegrini ma c’è un altro incontro di cui vi voglio parlare.

A un certo punto Sophie si ferma di colpo e richiama la mia attenzione verso qualcosa che si muove dall’altra parte della riva… ci sono degli animali… tanti, neri, pelosi, grandi… spero che siano dei cani ma non vedo nessun padrone vicino a loro e poi sarebbero troppi. Saranno forse lupi? So che hanno ripopolato questa zona e per un attimo mi si congela il sangue e il cuore batte a mille all’ora. Sia io che Sophie siamo pietrificate a guardarli ma gli arbusti mi impediscono di capire quali animali siano, so solo che ci sono… tanti, neri, pelosi, grandi… anche loro immobili. Poi ho una idea geniale: con un piede muovo le foglie secche facendo molto rumore e loro scattano via correndo giù dalla montagna. Solo allora capisco che sono cinghiali: sei enormi cinghiali neri. E’ la prima volta che li incontro in montagna: ringrazio che siano scappati e che Sophie, seppur immobile, sia con me.

Aldilà di questo momento di paura la cosa più bella da quando ho iniziato a camminare è la pace dentro, la meravigliosa sensazione di pace dentro nonostante tutto. Quando una persona è tranquilla con la sua coscienza, ha fatto sempre tutto il meglio e non ha niente da rimproverarsi non può che provare pace. E così continuo a fluire nella vita seguendo i segni e unendo i puntini, un po’ come diceva Steve Jobs:

«Non si possono unire i puntini guardando al futuro; si possono solo unire guardando al passato. Si deve avere fiducia nel fatto che i puntini si connetteranno. Si deve avere fede in qualcosa – il proprio intuito, il destino, la vita, il karma, qualsiasi cosa. Questo approccio non mi ha mai abbattuto, e ha fatto tutta la differenza nella mia vita. Ricordarsi che moriremo è il miglior modo che conosco per evitare la trappola di pensare di avere qualcosa da perdere. Siete già nudi. Non c’è nessuna ragione per non seguire il proprio cuore».

Il cammino che sto percorrendo ora è quello dove c’è l’albero dove portavo il mio bimbo ad assaggiare le noci:

Camminando però ho visto una noce. E mi sei venuto in mente tu… amore mio. L’anno scorso, pochi giorni prima di perdervi, ti ho portato a mangiare le noci cadute dall’albero. Volevo che provassi il piacere di togliere il gheriglio sporcandoti le mani per poi spaccare il guscio sotto la scarpa e sentire quel gusto inconfondibile di noci appena raccolte, quando la pellicina è ancora morbida e si stacca con le dita dal frutto. Ecco, piccolino mio, per me le noci sono e resteranno per sempre quel mio ricordo con te. Vorrei tornare ad insegnarti le piccole gioie della vita. Vorrei poter asciugare le tue lacrime quando piangi. Vorrei abbracciarti per farti addormentare, per poi rimanere a guardarti fino al mattino…

In passato vedere quell’albero riapriva una ferita mai chiusa facendomi provare un dolore lancinante, quasi fisico al pensiero dei miei bambini lontani dalla loro mamma. Adesso invece quel dolore si sta trasformando: ho deciso di cambiare e ho deciso di ricominciare a sognare. E davanti a quella pianta stavolta invece di piangere sogno noi tre ancora insieme a mangiare quelle noci.

Ed è un sogno bellissimo…

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