Giustizia e verità per i miei bambini


Etapa Alto Poyo – Sarria

Stanotte i miei amori sono venuti a trovarmi in sogno.

È stato un sogno lungo così ho potuto stare un po’ di tempo con loro.

Ma erano allo spazio neutro con gli educatori.

Decisamente anche il mio inconscio ha capito che non siete più a casa con me che siete lontani.

Eravate proprio lontani E non solo fisicamente.

Sarà una lontananza per sopravvivere al dolore della mancanza o sarà dovuto al reset psicologico?

Chi dice ai miei bambini che la loro casa è la comunità? Che dopo la comunità si va a vivere nelle famiglie affidatarie?

Sono cose che ho sentito pronunciare. 

Perché le linee guida dicono che la comunità dovrebbe essere un progetto momentaneo, per risolvere un problema, ma nella realtà invece i bimbi non tornano quasi mai alla loro famiglia di origine? Secondo i dati del ministero del lavoro, la media a livello italiano dei bambini che tornano alla famiglia di origine è di un bambino su quattro, in Lombardia dove vivo io, addirittura di un bambino su sei! 

Gli altri continueranno a gravitare tra comunità e famiglie affidatarie fino si 18 anni, anche oltre. Saranno orfani di genitori in vita. Intanto, in questa distruzione cosciente della persona e della sua famiglia, molte persone guadagnano soldi a palate, soldi pubblici, pagati con i nostri contributi. Parliamo di molti miliardi di euro.

Ma torniamo a noi… la mia bambina era bellissima nel suo vestitino, ma era triste e Il mio bimbo distante. Alla fine del sogno riesco a guardarlo negli occhi e lui si mette a piangere, vorrebbe correre da me per farsi abbracciare ma la nostra ora di visita è finita… non si può più! 

Vado via con l’immagine del mio bimbo che piange senza averlo potuto abbracciare.

Mentre sogno scendono lacrime e chiedo all’universo che mi aiuti ad avere giustizia e verità per i miei bambini, che mi aiuti a riportarli a casa per curare le loro ferite eterne. 

La risposta arriva con un’immagine chiarissima, come sempre è difficile da tradurre in parole ma ci provo:

“Non chiedere piangendo perché l’universo ti rimanderà sofferenza, ringrazia come se fosse già successo e come se i tuoi bimbi fossero già tornati a casa. Con fiducia. Ringrazia con la certezza che succederà. E succederà, vedrai!”

Allora, io ringrazio e lo faccio con il sorriso. 

Ancora un ricordo di dicembre 2021:

“Non si sa mai quando arriveranno le fitte di dolore. Si vive come in un limbo senza pensare e poi quando meno te lo aspetti vedi i ghiaccioli che avevi comprato per loro o il volantino del ristorante dove andavamo a mangiare con gli amichetti… e arriva. Ti aspetta sotto il divano o in uno zaino come a ricordarti che loro c’erano e ora non ci sono più. O quando entri nella loro cameretta per prendere una cosa e poi ti rendi conto che è una camera dove non vuoi più entrare, dove non puoi più entrare, ma è troppo tardi perché sei già dentro.”

E come promesso vi racconto una storia, Stasera e’ quella di Ginevra:

Alleyoop- Il sole 24 ore: Leonine  (nome di fantasia) è una bambina strappata anni fa dalle braccia di sua mamma che aveva denunciato per violenza l’ex compagno, padre di sua figlia. Leonine non ha mai praticamente conosciuto sua madre.

La Commissione Femminicidi evidenzia che in oltre un terzo dei procedimenti sono presenti allegazioni di violenza, che però in tribunale non vengono prese in considerazione. Così nella maggioranza dei casi i bambini finiscono in affido condiviso anche al padre violento.

Ginevra ha 35 anni quando le tolgono la figlia di 18 mesi appena, ricci biondi e manine paffute. La bambina, Leonine, viene affidata in via esclusiva al padre – per lei quasi uno sconosciuto – , facoltoso imprenditore romano già denunciato per violenza nei confronti delle due ex mogli e da Ginevra per maltrattamenti. Un uomo che la picchia in gravidanza e mentre allatta e che viene poi condannato per lesioni in primo grado dopo anni di processi. Nel decreto del Tribunale dei minorenni di Roma, che recepisce integralmente la consulenza tecnica d’ufficio (ctu), Ginevra viene definita affetta da disturbo istrionico della personalità, che ne compromette la capacità genitoriale in quanto le impedisce di esercitare le funzioni genitoriali in modo confacente alle esigenze della minore, esigenze che comportano il mantenimento di un rapporto assiduo e costante col padre. La madre, spiega il decreto, può avere quindi comportamenti imprevedibili e non controllabili. Il Tribunale sospende e poi toglie definitivamente la potestà genitoriale a Ginevra, vietando i rapporti tra madre e figlia.

Leonine, la figlia di Ginevra, è una bimba che fino a 18 mesi vive quasi esclusivamente con la sua mamma e i nonni materni. A 6 mesi, sul seggiolone, assiste spaventata all’aggressione da parte del padre nei confronti della mamma. E’ una bimba che viene letteralmente strappata dalle mani della madre, che non vede più per dieci lunghi anni. Leonine cresce col padre e con la famiglia paterna, ha un fratellastro, una sorellastra e una matrigna. Vede per la prima volta la mamma a 11 anni, il 10 ottobre 2020, in una stanza davanti a due assistenti sociali. Chiede lei di vederla, insiste, dopo averla incontrata sui social e aver letto i suoi post. Un incontro carico di emozioni. Leonine e Ginevra si sciolgono in un abbraccio con tante promesse per il futuro. “Mi sei mancata tanto, ti voglio bene”, riesce a dire la bambina a quella mamma che le è mancata così tanto anche se non la conosce. Ginevra le regala una scarpetta che indossava quando era piccola, l’altra la tiene lei “con la promessa che un giorno le avrebbero rimesse insieme nella loro strada interrotta”. Promesse finora non mantenute.

Oggi questa bambina è cresciuta. Sono passati 11 anni dall’allontanamento dalla madre. Leonine ha 13 anni, è quasi un’adolescente, dopo il primo incontro con la mamma nel 2020 ci sono stati dei contatti poi interrotti, troppo dolorosi. Lei si lamenta dell’esposizione mediatica della loro storia, dei post sui social e rifiuta in qualche modo ciò che la madre le racconta. Leonine non conosce il passato, probabilmente non sa che il 23 marzo 2011 con un blitz di 8 assistenti sociali, forze dell’ordine e medici è stata prelevata da casa sua, la casa dei nonni materni e trasferita dal padre perché una Ctu ha accusato sua madre di non essere idonea. Non sa che la madre ha lottato ogni giorno per riaverla con sè, ma le è stato vietato qualsiasi tipo di contatto con la sua bambina senza un motivo chiaro.

Ginevra, 48 anni, da cinque anni vive a Lipari: “rimanere a Roma e non vedere mia figlia sarebbe stato, se possibile, ancora più doloroso”, racconta. Per Leonine Ginevra coltiva un giardino, con la speranza che compiuti i 18 anni torni da lei. Per la sua bimba ha scritto un libro, dove c’è tutta la loro storia: vuole lasciare alla figlia una testimonianza, da affrontare quando sarà pronta.

La relazione della Commissione: l’indagine sulla “vittimizzazione secondaria delle donne che subiscono violenza e dei loro figli nei procedimenti che disciplinano l’affidamento e la responsabilità genitoriale” prende in esame un campione di 569 fascicoli del Tribunale ordinario, su 2.089 procedimenti di separazione giudiziale con figli minori relativi al trimestre marzo-maggio 2017 (7621 nell’intero 2017) e 620 fascicoli del Tribunale dei minorenni, rappresentativi dei 1.452 iscritti al ruolo nel mese di marzo 2017. I risultati mostrano che nel 34% dei casi sono presenti allegazioni di violenza domestica, ovvero denunce, certificati o altri atti e annotazioni (da sottoporre a verifica nel corso dell’iter giudiziario) relativi a violenza fisica, psicologica o economica, presentati soprattutto dalle madri. A volte la violenza riguarda direttamente i figli: nel 18,7% dei casi al Tribunale ordinario, nel 28,8% nei procedimenti pendenti davanti ai Tribunali per i minorenni. Nonostante ciò – si legge nella relazione – il totale delle sentenze definitive prevede nel 63,8% dei casi l’affidamento condiviso dei figli minori, non considerando quindi la violenza: i presidenti dei Tribunali, anche in presenza di allegazioni di violenza e di notizie relative all’esistenza di procedimenti penali pendenti o definiti, nel 96% degli episodi non hanno infatti ritenuto di acquisire d’ufficio i relativi atti. Inoltre, in più di un terzo dei fascicoli considerati, in presenza di violenza, il tribunale favorisce le trasformazioni dei riti da giudiziale in consensuale, delega gli accertamenti al servizio sociale e in presenza di consulenze tecniche d’ufficio, queste nel 61,2% dei casi vengono interamente accolte dal tribunale e recepite nei decreti. Anche perché nei quesiti vi è una totale assenza di riferimenti alla violenza. La relazione della Commissione mostra che nelle perizie, pur non citando direttamente la cosiddetta PAS – alienazione parentale -, ricorre sempre lo stesso lessico: la donna viene definita alienante, simbiotica, manipolatrice, malevola, violenta, inducente conflitto di lealtà, fragile. Senza considerare che in oltre il 60% dei casi l’ascolto del minore non viene disposto. “Numerosi – scrive la Commissione – sono gli affidi ai servizi sociali, misura che appare particolarmente punitiva per i genitori e fortemente rivittimizzante per le madri, che hanno subito maltrattamenti”. Nei 36 casi emblematici portati all’attenzione della Commissione – storie in cui le donne hanno denunciato di essere state vittime di violenza o hanno denunciato i partner per abusi sui minori – a 25 madri è stata limitata la responsabilità genitoriale e i figli sono stati allontanati, applicando la PAS o teorie analoghe. I restanti casi sembrano avviati ad avere la medesima conclusione.

“La violenza denunciata dalle madri esiste in oltre il 30% dei fascicoli esaminati dalla Commissione, ma non viene letta”, spiega Valerie Valente, presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul femminicidio . “Il rischio più grande è che non si applichino le tutele previste dalla Convenzione di Istanbul sulla messa in sicurezza di donne e bambini, affidando il minore all’autore della violenza – nella stragrande maggioranza il padre – e mettendo in discussione la responsabilità genitoriale della madre, ritenuta colpevole del rifiuto del figlio nei confronti del padre. Così, in nome della bigenitorialità prevista dal nostro impianto normativo (legge 54 del 2006) , il bambino viene allontanato dalla madre e resettato per costruire il rapporto con entrambi i genitori. Il tema è che nei procedimenti civili o minorili la violenza viene ignorata o derubricata a conflitto, ritenendola appannaggio esclusivo del procedimento penale”, conclude Valente.

4 commenti su “Giustizia e verità per i miei bambini”

  1. Articolo… Che fa davvero RABBRIVIDIRE !..
    .
    Codesti… Incaricati e specialisti… Sembrano… Passare là per caso… 😠😠😠
    Maaa… Sono, sembrerebbe, BEN pagati… Con i NOSTRI soldi PUBBLICI !.. 💶 💶
    Eee… COSA DIAVOLO stanno la a FARE, allora ?? SE non si degnano neppure di LEGGERSI gli atti PENALI del processo ??
    Davvero… PAZZESCO !!.. 😠😠😠 😞😞 😖😖

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