Villafranca del Bierzo – O Cebreiro (27 km!)
Oggi è stata dura.
Fin dal mattino, quando, aprendo le finestre, ho visto la pioggia a dirotto tra il freddo, il buio e la nebbia delle montagne. E in quel momento per la prima volta mi si sono chiesta cosa stavo facendo, perché mai mi era venuto in mente di fare il cammino in inverno. Io che sono così freddolosa che alla prima pioggia mi vorrei chiudere in casa davanti a un caminetto acceso e non uscire più!
Ma poi arrivano i miracoli… quando esco fuori la pioggia a dirotto non c’è più e, nonostante il freddo, dopo pochi metri il corpo si scalda, mi tolgo tutti i miei strati di vestiti e cammino in canottiera e giubbotto. Alla fine sul cammino il problema è sempre il caldo, in qualsiasi stagione!
La tappa è molto lunga e molto difficile. Ma è bellissimo camminare sentendo l’aria fresca sulla pelle e, nonostante i miei pensieri mattutini, è bellissimo camminare in inverno!
Oggi scopro il silenzio. E mentre avanzo in un cartello del cammino si legge: ‘il silenzio è vivo’. Ed è con il silenzio che affronto questo nuovo cammino. Sento la sua presenza in particolare quando sono in cima alla montagna. Sensazione meravigliosa: io, un paesaggio incredibile davanti ai miei occhi, il vento fresco sulla pelle e il silenzio.
Non riesco a smettere di assaporarlo. Come sempre mi succede vorrei portare via con me questa sensazione per sempre. E allora scatto foto, tantissime foto, ma nessun ritratto potrà mai restituire quella magia. Spero però che rimanga nei miei ricordi.

Di sicuro rimarrà la sensazione di aver fatto una piccola impresa eroica! Superare il monte O Cebreiro con pioggia, freddo, fango (tantissimo fango!) e molti ristoranti e strutture per dormire chiusi non è stato facile! Proprio ieri è morto un ragazzo che aveva appena 35 anni. Ora è una delle croci che si incontrano sul cammino. Questa tragedia mi fa capire che in inverno bisogna programmare bene gli itinerari per evitare di finire la tappa in un paese dove non ci sono posti aperti per dormire o mangiare. Oggi sono arrivata a destinazione poco prima del calar del sole e negli ultimi 10 km non c’era niente di aperto… se ci fosse stato un imprevisto sarebbe stato complicato.

Nel silenzio di questa giornata ho di nuovo sentito che sono cambiata. In estate avevo bisogno di parlare per non sentire la fatica, adesso invece cammino in compagnia del silenzio! Mi aiuta a concentrarmi sul momento presente e a volte a lasciar fluire i pensieri. Sento che devo andare oltre: oltre il dolore, la stanchezza, la paura… ma oltre dove? non lo so… però guardo il cielo e mi ricordo che siamo infinito, che c’è qualcosa di più. E allora mi lascio andare al flusso della vita, con la fiducia che andrà tutto bene, con la fiducia che ci sia qualcuno lassù che ci guarda e ci ama da lontano.
Il mare e la vita hanno molto in comune. Rilassati. Lasciati andare. Abbi fiducia nel fatto che resterai a galla, e ci starai. Se invece opponi resistenza, pensando che finirai sul fondo , ci andrai davvero. La scelta spetta solo a te.
Marcia Grad
In questo flusso di pensieri e vita sento che io ce l’ho fatta, ho attraversato il dolore disumano, ho dovuto passarci nel mezzo per uscirne e non è stato facile, ma ora sono qua a sorridere di nuovo alla vita.

Ogni tanto però riecheggia nella mente il pianto di una bambina che vuole tornare a casa dalla mamma.
Questo è difficile da superare, è un qualcosa che fa spezzare il cuore ma come dice Coelho
E poi ricordo un passaggio del libro della Ginzburg su Serena Cruz che parla proprio di questo pianto:
“La bambina, a dire dei giudici, non presentava alcun segno di sofferenza. Lo testimoniavano gli operatori che la assistevano, e la psicologa e il medico che l’avevano visitata là dov’era adesso. Avevano allegato anche delle documentazioni audio-visive. Mangiava con piacere e giocava con gli altri bambini. Non una volta aveva chiamato la madre.
Questo troviamo difficile crederlo. Riguardo alle documentazioni audio-visive, non ci sembra possano dimostrare nulla. E chiaro che un bambino può mangiare e giocare, e disperarsi dopo qualche istante. Più vero, più plausibile e più normale ci sembra quello che sul principio aveva detto d’aver saputo il parroco (che le davano del valium per calmarla).
Più plausibile, più normale e anche meno allarmante. Difatti è noto che in un bambino, un atteggiamento di indifferenza in una circostanza dolorosa è un pessimo indizio. Auguriamoci dunque che Serena abbia urlato e pianto, di giorno e di notte, come abitualmente urlano e piangono, divisi dalla madre, i normali bambini.”
E allora auguriamoci che i bambini che vivono situazioni dolorose piangano! E ricordiamoci di piangere anche noi. Concediamoci quando serve di essere tristi e ricordiamoci che il dolore ogni tanto va solo pianto.
Quello che sento è che se non lo piangiamo rimane dentro, indurendosi e che potrebbe trasformarsi in malattia. Sul dolore però non voglio aggiungere altro, preferisco lasciare la parola ad Anna Kiryanova che ci parla in modo magistrale del dolore e del pianto con questa poesia che dedico a tutti noi e soprattutto ai miei bimbi:
Il dolore e il pianto
“A volte il dolore deve essere pianto. Va vissuto e superato. Solo così si può guarire dal dolore e dalla tristezza.
Quanto dura il dolore? Quando il cuore si calmerà e passerà il dolore della perdita?
Secondo la scienza, serviranno due o tre mesi per farlo passare… Ma a volte, se avete perduto una persona cara, se siete stati traditi, abbandonati o privati dei beni, il dolore non passa per tutta la vita, può solo diventare meno forte, specialmente se la persona l’ha affrontato con il coraggio e la forza.
Gli antichi pensavano: il dolore passerà quando avrete pianto le vostre lacrime, e avevano dei lacrimatoi per la raccolta delle lacrime di dolore. Lo facevano anche nell’antica Roma. Quando la boccetta era piena le lacrime si versavano sulla tomba del defunto o si donavano agli dei. Gli dei avrebbero mandato una consolazione ad un cuore affranto.
Nell’Inghilterra vittoriana il lacrimatoio (“lachrimatory”) lo portavano al collo, come un medaglione. Quando scendevano le lacrime la boccetta si apriva e poi si chiudeva accuratamente. Passato un anno, si toglieva il coperchietto per far evaporare le lacrime. Insieme alle lacrime si evaporava anche il dolore, restava soltanto la memoria di una persona amata…
E’ una saggia invenzione, il lacrimatoio. Una persona in lutto deve piangere il dolore, e, raccogliendo le lacrime, si trattiene dallo sprofondare nel baratro di un dolore ancora più grande.
Quando stai raccogliendo le tue lacrime con la tua boccetta, questo ti distrae. In un anno questa occupazione diventa un rituale, e i rituali sostengono e consolano, rafforzano le difese psicologiche: hai pianto la tua perdita, hai raccolto le tue lacrime, che poi si sono evaporate.
Finiva il brutto periodo, iniziava una nuova vita. E ti rimaneva un piccolo e delicato flacone, come un ricordo. Il dolore si trasformava in un ricordo. Forse è per questo che non esisteva la depressione, a quei tempi?
Ora non ci lasciano piangere, vogliono che iniziamo a pensare positivo e a sorridere, come se non fosse successo nulla. Anche le persone ormai vedono la tristezza qualcosa di poco normale, una malattia.
A volte una depressione è un dolore non pianto o un lutto che è durato poco, perché è stato dato l’ordine di consolarsi, di sorridere, e di dimenticare (o fare finta di dimenticare).
Ma l’anima non dimentica nulla. Ecco a cosa servivano queste boccette; per raccogliere il dolore.
A volte il dolore va solo pianto.”
E a proposito di dolore oggi vi racconto una storia di tanti anni fa.
Un mio caro amico e’ stato accusato di abuso sessuale su sua figlia. In quel caso sua moglie aveva subito abusi da piccola e la sua paura che potesse succedere anche a sua figlia l’aveva portata a denunciare, senza che in realtà fosse successo nulla. Se avessero messo subito delle telecamere in casa si sarebbe capito. Si sarebbe evitata la tragedia. La mamma avrebbe potuto essere aiutata ad elaborare il suo trauma e la famiglia probabilmente avrebbe potuto essere salvata.
Invece no… e la bambina è stata portata via. Ha dovuto vivere senza i suoi genitori, anche se il padre è risultato innocente. ‘Ora ha quindici anni, è ormai divenuta ragazzina ed adesso e soprattutto nel suo futuro porterà con se’ gravissimi danni psico-evolutivi a causa di tutti questi anni vissuti senza le importanti figure di un padre e di una madre che le sono state sottratte senza una reale motivazione’ commenta il padre.
Mi spiace immensamente per tutti loro: la mamma, il papà e la bambina. Ennesime vittime di una tutela minorile che a volte purtroppo non tutela ma distrugge?
Ora il padre è riuscito a trasformare il suo dolore in forza e sta dedicando la sua vita a lottare contro queste ingiustizie.
Il tempo guarisce.
Non come noi pensiamo che faccia, non come vorremmo, dal davanti, ma più da dietro, o di lato, o da qualche parte in cui non riusciamo a vederlo arrivare.
Sorge da sotto e si spande dappertutto.
All’improvviso asciugai gli occhi abbastanza da alzare lo sguardo, guardare oltre, e scoprii che la mia sofferenza era diventata la forza che mi teneva insieme.
– C. Martin