La voce del vento

Etapa Burgos – Tardajos – Boadilla del Camino

Decidiamo di fermarci a Burgos fino alle cinque del pomeriggio per poi metterci in cammino verso Tardajos. Dormiremo in un albergue donativo, dove si paga con un’offerta. 

Stavolta ci alzeremo presto per camminare di notte. 

Quello che non avevamo calcolato era il freddo. Tutti ci avevano parlato del caldo delle Mesetas… invece ad aspettarci c’è il freddo! E così dopo esserci alzati alle sei, indossiamo tutti i vestiti possibili. 

Io purtroppo avevo dimezzato e spedito a Leon una parte dello zaino per viaggiare leggera seguendo il consiglio di Padre Jose’ e così sono rimasta senza pile e pantaloni lunghi… voi non fatelo, nelle Mesetas fa davvero freddo!

Una volta usciti ci ritroviamo immersi nelle  nuvole. Il paesaggio è stupendo e irreale! Di fronte a noi solo una strada sterrata tra campi di grano e girasoli, sembra di essere in paradiso. Forse lo siamo. Incontriamo nuovi pellegrini sul cammino. Un signore ha aspettato la pensione per fare il Cammino, era il suo sogno da anni. Ora se lo fa con calma, godendo di ogni minuto. Ci avverte che a Leon ci saranno i lupi e di non andare da soli di notte.

Abbiamo trovato molto vento che ci ha accompagnato fino a Castrojeriz. Non mi ero mai resa conto di quanto potesse essere bello il vento sulla pelle, pare una carezza. Questo vento ci ha parlato. D’un tratto in mezzo al silenzio si è alzato forte e potente facendo sentire la sua voce , tanto alta da non permetterci quasi di parlare. 

Ho capito dopo che si trattava del vento. All’inizio pensavo fosse una cascata d’acqua. Tanto che sono andata a verificare entrando in un piccolo bosco di betulle. 

Nelle Mesetas ci sono anche tante salite! Ci è venuto da ridere perché qualcuno con l’affanno ha detto: << ma non dovevano essere piatte queste Mesetas?>>

Quelli che faticano di più sono i nostri amici in bici. 

A piedi è abbastanza gestibile. E poi ci sono dei punti di infinita bellezza: sembra di camminare nel mare, non c’è niente… mi mancherà questo infinito, questo vuoto assoluto. Mi ricorda la meditazione.  Ho letto che per meditare  bisogna immaginare il fondo del mare. Calmo e tranquillo. E lasciare che ogni incidente della vita resti in superficie così non turberà la nostra anima, che è eterna ed infinita. Anche le Mesetas, come le stelle, ci ricordano che siamo infinito. Mi viene in mente la poesia di Leopardi: 

E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa immensità s’annega il pensier mio: e il naufragar m’è dolce in questo mare.

E qui sembra il mare, sono immersa in qualcosa che sembra il mare ma sono nuvole… e anche adesso che le sto attraversando penso che questa sensazione rimarrà per sempre dentro di me e che comunque mi mancherà per sempre. Alcuni invece non vedono l’ora di arrivare a una città, il fatto di non vedere una destinazione all’orizzonte li fa stare male. 

La stessa sensazione la provo anche io quando ci stiamo avvicinando a Hontana. I cartelli indicano che fra 5 km saremo arrivati, poi tra 2 km, addirittura tra 500 metri … ma ci pare di non arrivare mai! Non si vede nulla. Poi all’improvviso raggiunta la cima finalmente si vede qualcosa.

Io mi accorgo che in questa immensità sto bene e mi immagino quando farò questo cammino con i miei bimbi e gli racconterò di questo viaggio fatto con i loro sassolini nel mio zaino sempre qua con me.

Il mio zaino! Quello che ho alleggerito dei pesi di troppo. Quello che mi ha reso il Cammino più facile. 

Lo zaino è una metafora della vita, alleggerirlo è alleggerire la vita, oltre a capire che si può vivere senza niente. La mia dotazione del momento sono due pantaloncini, due magliette, un sacco lenzuolo e poco di più ma riesco a vivere benissimo. Ho i capelli spettinati, in alcuni punti sembrano quasi rasta perché qua anche il pettine è un peso di troppo.

Arrivati a Hontana scopriamo che c’è un hostal con la spa e che le monache fanno massaggi gratis ai piedi dei Pellegrini. Che Dio le benedica! Curano anche le nostre vesciche e alle 18 organizzano una danza meditativa proprio per noi. Vi consiglio di andarci. 

Vi consiglio anche di andare a dormire nel vecchio monastero che c’è dopo Hontana. Credo sia una esperienza mistica dormire in un meraviglioso monastero semidistrutto. Si sta senza luce e senza acqua calda, è un vero e proprio tuffo nel passato. 

Anche oggi lungo il Cammino echeggiano tante frasi. Mi ricordano che andrà tutto bene, che non siamo soli e che c’è un disegno dietro ogni cosa. Non dobbiamo preoccuparci di niente perché in fondo non possiamo scegliere la vita che abbiamo ma dobbiamo viverla così come arriva. Anche se bisogna comunque lottare per quello che invece si può cambiare e capire la differenza fra le due cose! Accettare e lottare. È un pensiero che ricorre spesso nella mia mente da quando ho conosciuto l’incredibile violenza istituzionale che ha travolto me e i miei bambini. 

Una frase che mi ha colpito lungo il Cammino è stata scritta due mesi fa e recita così: sorridi prima che succeda, non aspettare di essere felice per sorridere, sorridi già adesso. 

Sto facendo il Cammino con il sorriso e ringrazio per le cose belle che mi ha dato la vita. Ringraziavo  tutte le sere con i miei bambini prima di dormire: dopo avere letto la storia della sera iniziava un momento magico. La luce era spenta e ringraziavamo per le cose belle della giornata.  

Vi ricorderete di ringraziare anche adesso che non posso più accompagnarvi nella vita? Io ve lo ricordo in quelle rare occasioni in cui ci vediamo… divertitevi e ringraziate per le cose belle, sempre.

Mentre camminiamo incontro per la prima volta una tomba. Non ne avevo ancora viste anche se ce ne sono diverse perché sono tanti i pellegrini che non ce la fanno: basta un colpo di sole, un colpo di caldo e il cuore si può fermare… stava per succedere anche a Veronica una stupenda ragazza italiana che ci ha cucinato delle paste incredibili e con la sua allegria ha allietato il nostro viaggio. Un giorno ha pensato che avrebbe riposato perché le faceva male una gamba, ma all’ultimo ha deciso di partire lo stesso incamminandosi da sola piuttosto tardi. Prima di arrivare a Los Arcos, a circa 3 km dalla fine della tappa, ci chiama disperata perché non ce la fa più: ha un attacco di panico, non c’è ombra e le fa male la caviglia, non riesce a camminare, non ha più acqua… è completamente sola.

Ha paura di morire, lo si sente dalla voce! In effetti potrebbe anche succedere. Ci attiviamo subito e chiamiamo l’ambulanza. L’abbiamo salvata per un pelo. La morte ci ha ricordato che è vicina nel nostro Cammino più di quanto si creda. Può arrivare da un momento all’altro perché si cammina tanto, si è stanchi, c’è il sole, il caldo e c’è la mancanza di acqua e di ombra. Come è stato per Veronica. Il fatto che ci sia la morte a camminare vicino a noi però non fa paura, ci ricorda che siamo qua di passaggio, che tutto, non solo le nostre vite, transita e questo ci aiuta a vivere con il sorriso anche nei momenti più difficili e dolorosi.  

Ale, un ragazzo italiano, mi racconta che quando esce le prime volte con le ragazze le porta al cimitero Monumentale di Milano. Quando gli chiediamo se funziona, risponde che in effetti non c’è mai stato un secondo appuntamento. 

Peccato perché il Monumentale è stupendo. Mi viene in mente una meravigliosa poesia che forse aveva scritto un biologo di Cuneo che era diventato cieco. Diceva più o meno così:

La vita è come un viaggio in treno 

in corsa con le sue stazioni, i suoi cambi, i binari, i suoi incidenti.
Pieno di salite e di discese, sorprese piacevoli in alcune salite e profonde tristezze in altre!
E noi siamo solo suoi passeggeri.
Nel nascere saliamo in treno e ci troviamo con i nostri genitori e crediamo che sempre viaggeranno al nostro fianco, ma in qualche stazione loro scenderanno lasciandoci viaggiare da soli.
Nello stesso modo nel nostro treno saliranno altre persone, saranno significative:
i nostri fratelli, i nostri amici, i nostri figli e anche l’amore della nostra vita.
Alcune ci accompagneranno dall’inizio, vivranno il viaggio insieme a noi e scenderanno nello stesso momento in cui scenderemo noi.
Molti scenderanno e lasceranno un vuoto permanente, altri passeranno inosservati!
Questo viaggio sarà ricco di gioie, dispiaceri, fantasie, attese e saluti.
Non bisogna rimpiangere le fermate che sono rimaste alle nostre spalle, ma guardare avanti in attesa della propria fermata.
Tra le persone che prenderanno questo treno, ci sarà anche chi lo prenderà per una semplice passeggiata o un piacevole caffè ed altri che incontreranno solo tristezza nel viaggio.
Nel viaggio inoltre incontreremo persone che scambieranno con noi qualche parola, che ci potranno sia far ridere che far piangere e che potranno scendere subito dopo essersi fatti una chiacchierata.
E ci saranno altri che, girando per il treno, saranno sempre pronti ad aiutare chi ne ha bisogno.

E’ curioso constatare che alcuni passeggeri, coloro ai quali vogliamo più bene, si accomodano in vagoni diversi dal nostro, cosa che ci obbliga a percorrere il tragitto che ci separa da loro.
Certamente durante il viaggio, questo non ci impedisce di attraversare con difficoltà il nostro vagone e raggiungerli…
Però, con rammarico, non potremo sederci al loro fianco perché ci sarà già un’altra persona ad occupare il posto.
Altre che saranno solo di passaggio: entreranno ed usciranno ma durante questo via vai di entrate ed uscite, da queste impareremo piccole cose e sarà compito nostro farne tesoro.
La riuscita di questo viaggio consiste nell’avere una buona relazione con tutti i passeggeri, nel dare il meglio di noi stessi.
Non bisogna supplicare nessuno di salire a bordo del nostro treno, ma far accomodare in prima fila chi vuole davvero fare parte della nostra vita.
Il grande mistero è che non sappiamo in quale stazione scenderemo, per questo dobbiamo vivere nel migliore dei modi, amare, perdonare, offrire il meglio di noi, così quando arriverà il momento di scendere e il nostro sedile sarà vuoto, lasceremo bei ricordi agli altri passeggeri del treno della vita.

Anche il Cammino di Santiago è come un viaggio in treno, e da ogni minima decisione cambierà lo scenario e cambieranno i nostri compagni di viaggio… se fossi partita un giorno prima o avessi dormito in un altro paese avrei trovato altri compagni di viaggio e tutto sarebbe stato diverso…

Il Cammino di Santiago è come la vita…

E a proposito di vita oggi vi parlo di Anna de Marco. Ha salvato la vita di suo figlio dalle coltellate del padre e le hanno portato via il figlio… quando ne parlo con gli stranieri nel viaggio non riescono a capirlo e anche io sinceramente faccio fatica a spiegarlo. La speranza è che ci sia un cambio verso la giustizia giusta e sana così finalmente le vittime di violenze torneranno ad essere tutelate.

2 commenti su “La voce del vento”

  1. Rosaria Battaglia

    Siamo soli! Chi ha partorito lo sa cosa significhi esserlo. Il parto lo fai tu, tu sola affronti le tue malattie, le tue fatiche. Secondo me la gioia la condividi ma la sofferenza la vivi da solo. È infinitamente profonda e personale. È vero che ne parli, ma il vissuto interiore è solo tuo. È stupendo leggere i racconti degli altri, ma viverli è tutt’altro, però ci unisce! Però ci scalda. Però ci trasmette. È desolante pensare che il treno corre, gli incontri con gli altri aiutano, nel bene e nel male, ma… Siamo desolatamente soli, ciascuno nel proprio immenso dolore. Metaforicamente il cammino di Santiago lo facciamo tutti, consapevoli o inconsapevoli. Ogni giorno percorriamo la strada del NOSTRO PROFONDO VIVERE in solitudine. Non si scappa dalla nostra anima! Anima! Per il resto… Siamo davvero vagoni che viaggiano, ognuno conduce il suo, alle stazioni ci si ferma, ma poi, si riparte e si viaggerà fino a alla centrale, dove ci fermerà la morte. Auguro a chiunque di acquisire consapevolezza e di proseguire sempre, nonostante tutto e tutti. Perché? Per la nostra unicità che ci rende sublimi. Non posso cambiare il mondo, ma posso cambiar me stessa. E poi, comunque, il parto della mia vita, mette al mondo un’altra vita: questo è il “miracolo”.

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