Ricordatevi di stare in silenzio

Etapa Granon – Tosantos (22 km)

Ci svegliamo a Granon verso le sei mangiamo tutti insieme e poi partiamo per  il cammino. Sono pochi km e ci incamminiamo con calma. Come sempre si parte insieme e poi ci si divide, per reincontrarsi con altri. Nel cammino incontriamo la signora tartaruga, una signora olandese di più di settanta anni che ha fatto cammini tutta la vita. Non si sa come faccia a camminare, è così piegata su se stessa, ma non si ferma mai. Qualcuno la chiama Caminator.  

Il sentiero è bello e quasi sempre in piano. Dopo i vigneti della Rioja tornano i campi di grano e di girasoli. Ricomincio a fare foto. Ma fino ad ora la mia tappa preferita è stata quella da Estella a Arcos. Rimarranno per sempre nei miei occhi quei meravigliosi campi di grano. La luce dorata. 

Ci fermiamo a Tosantos perché è di nuovo un hospital e cerca di mantenere la tradizione antica del cammino. Cuciniamo insieme e mangiamo insieme mentre padre José ci parla del cammino. È affascinante starlo ad ascoltare. Ci dice che la sveglia è alle sei, non prima. “Cosa non vuoi vedere se viaggi di notte? Bisogna fare il cammino con la luce per vedere! E non bisogna avere fretta di arrivare, il viaggio è il cammino, si deve fare con calma, parlando con le persone che si incontrano, guardando le farfalle e fermandosi di quando in quando.

Bisogna portare solo il necessario e se pesa troppo lasciare cose nel cammino perché ogni cosa che togliamo dallo zaino lo togliamo dalla mente. E ricordatevi anche di stare in silenzio, per sentire la voce di Dio.” Ci dice che lui faceva il cammino con due chili nello zaino, che il suo primo cammino è stato nel 1975.  Non c’erano albergues, si dormiva per strada. Quando faceva caldo si dormiva sotto un albero fino a sera e poi si ricominciava a camminare. 

La sera andiamo nella sala di preghiera e padre Jose’ ci fa leggere le preghiere dei pellegrini passati di lì prima di noi. Vengono lette ogni sera per ventidue giorni e poi vengono bruciate per fare arrivare le preghiere al cielo. In quel momento è come se quei pellegrini fossero lì con noi. Mi colpisce in particolare la preghiera di un ragazzo spagnolo che sta morendo di cancro, gli mancano pochi mesi e ci ricorda di amare la vita. Io invece leggo la preghiera di una ragazza italiana. La casualità (ma il caso esiste?) è che anche lei porta un sassolino alla cattedrale. Lo porta con lei per fare il viaggio con la sua amica, che è morta. Ma io sono viva, non mi stuferò mai di dirlo, perché i miei figli non possono fare il viaggio della loro vita con la loro mamma?

Anche io scrivo una preghiera e anche la mia preghiera sarà letta ogni sera dai pellegrini di passaggio per i prossimi ventidue giorni. E sarà come se io fossi lì con loro. Chiedo che tutti i bambini tolti alle mamme dopo le denunce possano tornare a casa, chiedo che la giustizia torni a difendere le vittime della violenza invece di accanirsi contro di loro e i loro figli. 

Prego anche per Sara e il suo piccolino. Anche solo guardare la loro foto mi fa piangere. Si respira amore, il sacro amore di una mamma per suo figlio. Per caso ho visto che nel Vangelo di Matteo c’è questa frase: che l’uomo non osi separare ciò che Dio ha unito. È molto simile a quella che mi era arrivata dopo che mi sono stati portati via i miei bimbi. E lo penso ogni volta che vedo Sara. E che abbraccio piangendo il suo dolore infinito. Che nessuno separi ciò che Dio ha unito.

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